top of page

Storia

Primi insediamenti umani:

liguri ed etruschi

La presenza dell’uomo in Calvana risale alla Preistoria ed è databile, grazie al ritrovamento di tracce e reperti, al Paleolitico inferiore (120.000 anni fa). Come per le zone vicine, questa presenza era legata alle caratteristiche geografiche, geomorfologiche e vegetazionali della zona. Per questo motivo gli insediamenti di quel periodo si sono sviluppati principalmente nelle aree pedecollinari, in particolare in quelle aree dove era possibile l’accesso all’acqua, ma dove allo stesso tempo fossero al riparo dalle alluvioni dei fiumi che si congiungevano verso la piana, in direzione del grande bacino lacustre Villafranchiano.

Tracce più consistenti risalgono a periodi più recenti, intorno al VI secolo a.C. e raccontano l’insediamento dei Liguri, che in Calvana praticarono l’agricoltura lasciando tracce molto importanti come un sepolcreto scoperto negli anni ’30 sul Poggio Camerella.

​

Per quanto riguarda la presenza umana sui rilievi, questa può essere solo ipotizzata, vista la mancanza di fonti certe, dalla lettura del paesaggio e dalla presenza di toponimi o ruderi che suggeriscono la presenza di piccole comunità sparse sul territorio, i cui abitanti si dedicavano presumibilmente ad attività di tipo silvo-pastorali. Realizzare insediamenti abitativi sui rilievi della Calvana è infatti da sempre stato molto problematico a causa della natura carsica di questo massiccio che non dispone di sorgenti perenni o fiumi in quota.

​

La testimonianza etrusca più importante nell’area del Bisenzio è sicuramente l’insediamento di Gonfienti (confluentes-entia, nome locale spettante alle condizioni del suolo), località al confine fra i comuni di Prato e Campi Bisenzio. Resti di un vasto agglomerato urbano del periodo etrusco arcaico (575-450 a.C.) sono venuti alla luce nel 1997 in occasione dei lavori di scavo per la realizzazione dell’Interporto della Toscana centrale. Nel corso degli scavi sono emersi elementi litici irregolari murati a secco. Inoltre furono ritrovati sia frammenti di laterizi per la maggior parte tegole e coppi, sia rare porzioni di “ceramica d’impasto” e “ceramica acroma depurata”. La campagna di scavo, che ebbe luogo nel 1999, ha portato in evidenza alcuni muri perimetrali e due strutture definite “Edificio A” ed “Edificio B”, disposte tra di loro in maniera ortogonale. Dai vasellami rinvenuti si è potuto ipotizzare l’utilizzo abitativo delle strutture. Gli scavi hanno permesso di portare alla luce una Domus di dimensioni straordinarie, circa 1460 mq, che si attesta come la più grande Domus etrusca conosciuta. Oltre a questi ritrovamenti si devono aggiungere anche i tratti viari della larghezza di circa dieci metri, testimonianza di un grande insediamento, paragonabile per dimensioni e struttura all’insediamento di Kaina (attuale Marzabotto).

L’insediamento di Gonfienti assume oggi particolare importanza nel ricostruire i percorsi viari all’interno dell’antica Etruria. Da più parti viene ipotizzato che questa città, al centro di una vasta regione, fosse il punto di partenza per alcuni degli itinerari preferenziali che, attraverso la valle del Bisenzio, conducevano a Marzabotto o verso altre comunità dell’area Fiorentina.

Gonfienti.jpg
Sbiagio.JPG

Epoca Romana e Medioevo

La zona di Gonfienti venne abbandonata a partire dalla fine del V secolo e, a partire da questo momento, le tracce di vita sembrano spostarsi nelle zone collinari. Durante l’età romana si registra una presenza maggiormente diffusa nel territorio e ancora una volta la viabilità appare strategica. La presenza di torri di epoca romana individuate nel territorio della Calvana sembra confermare l'ipotesi che la Cassia Clodia non passasse troppo lontano da Gonfienti. In questo territorio è anche presente un esteso reticolato di grandi mura a secco e terrazzamenti, la cui datazione e funzione è a tutt’oggi ignota e oggetto di indagine. Alcune parti sono state attribuite ai Liguri mentre altre sembrano risalire all’epoca romana.

​

L'antico insediamento rurale di Cavagliano (in foto) risalirebbe alla fine del XII secolo, anche se la scoperta del sepolcreto di Casa al Piano, databile al V-IV secolo a.C. conferma precedenti sfruttamenti agricoli delle pendici della Calvana. Il borgo è composto da cinque edifici (case o case-torri), ognuna corredata da cisterne per la raccolta delle acque piovane, ma quello che più stupisce è come il paese sia circondato da estesi muri a secco che sorreggono numerosi terrazzamenti.

​

In epoca medioevale la zona di “Montaguto” tra Sofignano e Montecuccoli fu uno dei feudi dei conti Alberti. Nella stessa zona anche i conti Guidi possedevano poderi. Dopo la pace di Sarzana, la Repubblica Fiorentina acquistò nel 1361 castelli e territorio, nel tentativo di togliersi d’intorno tanti signorotti e baroni con possedimenti che potevano minacciarla.

Dalla fine del Quattrocento e fino al giorno d’oggi la popolazione dei villaggi è rimasta scarsa.

Valibona e la Resistenza

Le terre di Valibona, costituiscono una zona pianeggiante dal substrato fertile dove l'uomo ha trovato stabile dimora sin dalla notte dei tempi. Quest'area costituiva un importante valico tra due distretti territoriali ed ancora oggi conserva l'antica viabilità formata da vecchie carrarecce (oggi ampliate per renderle carrozzabili) sia da sentieri utilizzati un tempo per condurre il bestiame al pascolo o portare il fieno dai prati alle stalle.

Tuttavia, quello che lega indissolubilmente la zona di Valibona alla Storia, è il fatto che questo piccolo insediamento è stato teatro della prima battaglia dei partigiani della Resistenza in Toscana. Durante la guerra i contadini della zona offrirono ospitalità ai partigiani che nella notte tra il 2 e 3 gennaio 1944 vennero accerchiati dalle forze fasciste nel fienile dove si erano rifugiati. Dopo una lunga battaglia le forze fasciste ebbero la meglio e dopo aver ucciso alcuni partigiani e ferito e catturato gli altri, arrestarono i contadini che li avevano ospitati, bruciando e saccheggiando le loro case.

Questo luogo è stato acquistato dal Comune di Calenzano che ne ha fatto un Ecomuseo della Resistenza, immerso nel Parco della Memoria.

La migrazione dei pastori sardi negli anni '70

Un fenomeno molto particolare ha interessato la Calvana tra la fine degli anni '60 e in particolare negli anni '70: sulla scia della migrazione dalla Sardegna, singoli pastori o interi nuclei familiari si sono trasferiti in Toscana e sono arrivati anche ad abitare la Calvana, che per certi versi aveva caratteristiche a volte simili a quelle della loro terra d'origine.

Tra stereotipi e verità, tra fatti di cronaca recente legati a questa presenza, per molti anni la Calvana è stata poco accessibile per gli escursionisti e considerata pericolosa. Questo in parte spiega perché un territorio così affascinante sia ancora poco conosciuto ai più e sia oggetto di una riscoperta lenta e recente che è iniziata una ventina di anni fa.

ValibonaOld.jpg
bottom of page